BUSINESS INTERRUPTION: PER I GIUDICI FRANCESI GLI INTERMEDIARI NON HANNO RESPONSABILITÀ

A oltre un anno dall’inizio della pandemia, resta aperta la controversia tra compagnie e imprenditori sull’indennizzabilità dei danni originata dall’interruzione forzata delle attività economiche.

La Francia è tra i Paesi europei in cui il confronto è stato più duro. L’estesa diffusione delle polizze che coprono il rischio di BI ha originato molte richieste di indennizzo da parte degli imprenditori (in testa le società di ristorazione), sulle quali l’orientamento dei giudici è stato ondivago. La Francia è anche un riferimento per capire fino a che punto gli intermediari possono essere ritenuti responsabili nel collocamento di queste polizze.

In effetti, alcuni assicurati sono stati talvolta tentati di citare in giudizio l’intermediario assicurativo al fine di massimizzare le loro possibilità di ottenere un indennizzo, sostenendo che l’intermediario – nell’ipotesi in cui il giudice dovesse ritenere non operante la polizza – avrebbe dovuto consigliare loro di stipulare una copertura di BI operante in caso di pandemia.

Tuttavia va sottolineato che le richieste di risarcimento avanzate a tale titolo contro gli intermediari assicurativi sono, a oggi, piuttosto rare in Francia. In effetti, il problema derivante da questo tipo di controversie è essenzialmente incentrato sull’interpretazione di una clausola di esclusione e non può essere ragionevolmente legato a una mancanza di diligenza dell’intermediario nel suo dovere di consulenza nei confronti dei suoi clienti.

Le garanzie sottoscritte in Francia, prevalentemente da ristoratori, hanno riguardato polizze che prevedevano una garanzia danni indiretti senza la necessaria presenza di danni materiali e diretti indennizzabili a termini di polizza. In tutti i casi gli intermediari sono stati sollevati da ogni responsabilità. Questa evidenza può avere un peso anche in Italia? Prima di rispondere, conviene rilevare le differenze tra i Paesi.

In Italia, anzitutto, la garanzia BI è molto poco diffusa e, nei pochi casi in cui è presente, l’operatività è espressamente condizionata all’esistenza di un danno materiale e diretto a un bene assicurato. Prima della pandemia, quindi, non esistevano polizze in cui il danno da interruzione dell’attività fosse indennizzabile in conseguenza di un’interruzione dell’attività a causa dei provvedimenti normativi legati alla pandemia da Covid-19.

Sarebbe stato pertanto impossibile, per un intermediario, trovare un prodotto a copertura dei rischi da interruzione dell’attività economica imposta dalle autorità amministrative. Difficile, insomma, che gli intermediari possano trovarsi a rispondere per mancato adempimento del dovere di consulenza.

 

Il primo caso e l’orientamento dei giudici

Nel 2020 aveva tenuto banco il caso del Gruppo Eclore che gestisce una catena di ristoranti di lusso in Francia. AXA, che è la compagnia maggiormente interessata da questo tipo di controversie, dopo le chiusure dei ristoranti disposte con decreto del ministro della Salute (14 marzo 2020), aveva respinto la richiesta di indennizzo sostenendo che non fosse possibile derogare dal principio basato sulla mutualizzazione e sul concetto stesso di rischio assicurabile. Secondo la compagnia “la pandemia, a causa della sua natura sistemica e globale, impedisce qualsiasi mutualizzazione poiché l’intera popolazione è colpita allo stesso tempo. Inoltre, quando un governo decide di chiudere imprese, ristoranti, negozi, non si può parlare di rischio”.

Il Tribunale Commerciale di Parigi, con decisione del 22 maggio 2020, aveva invece accolto la richiesta del Gruppo Eclore evidenziando che avrebbe dovuto essere AXA, in quanto predisponente del contratto, a inserire specifiche clausole per escludere l’operatività della garanzia in caso di eventi come la pandemia: non avendolo fatto, non poteva invocare un principio (rischio non assicurabile per mancanza di mutualizzazione del rischio) che non era stato tradotto in una clausola contrattuale.

AXA ha poi raggiunto un accordo con il gruppo Eclore.

Tuttavia, AXA rimane coinvolta per altre 15.000 richieste di indennizzo di proprietari di ristoranti che hanno sottoscritto la sua “polizza standard” con copertura estesa per le perdite da BI legate alla chiusura imposta dalle autorità in Francia.

Per questo motivo AXA ha deciso di cercare di risolvere questa lunga battaglia legale, in cui è coinvolta contro i suoi clienti, con un’offerta di liquidazione di 300 milioni di euro. L’indennizzo transattivo proposto è destinato a coprire un importo equivalente al 15% del fatturato dell’attività di ristorazione (come ampiamente spiegato nell’articolo allegato https://www.cgpa-europe.it/francia-perdite-derivanti-dallinterruzione-dellattivita-e-covid-19-axa-cerca-di-porre-fine-alla-lunga-controversia-con-i-suoi-clienti-ristoratori/).

Prima dell’accordo proposto da AXA per risolvere la lunga diatriba con i suoi assicurati, numerose sentenze hanno riguardato l’operatività o meno, in caso di pandemia, della garanzia di BI sottoscritta da alcuni ristoratori. Le decisioni dei giudici possono essere classificate in due categorie:

  1. condanna dell’assicuratore a ritenere operante la garanzia di BI;
  2. rigetto della richiesta di indennizzo dell’assicurato in quanto le norme emergenziali non possono rientrare nel concetto di “fermo amministrativo”, che deve intendersi riferito al singolo assicurato e non “erga omnes”.

In particolare, nei casi di rigetto della richiesta di indennizzo, i giudici hanno ritenuto lecite le clausole di esclusione della garanzia, in quanto chiaramente indicate nel testo di polizza. Hanno inoltre sottolineato il principio secondo il quale il contraente ha l’obbligo di leggere attentamente il contratto e porre tutte le domande necessarie su punti eventualmente a lui poco chiari.

 Il punto essenziale, per gli intermediari, è che, fino a oggi, nei casi in cui l’assicurato aveva ritenuto di estendere il contraddittorio anche nei confronti dell’intermediario (si tratta di meno del 10% del totale), i giudici hanno sempre respinto le richieste di risarcimento contro agenti e broker, ritenendo che:

  • da un lato, la controversia riguardasse esclusivamente l’interpretazione di una clausola contrattuale e, quindi, il rapporto tra assicurato e assicuratore;
  • dall’altro, che l’intermediario aveva, comunque, correttamente adempiuto al suo dovere di informazione e consulenza nei confronti del suo cliente, non esistendo sul mercato una copertura assicurativa che garantiva espressamente il danno da BI a seguito di pandemia.