SOSTENIBILITÀ: QUALI COMPITI ATTENDONO AGENTI E BROKER
Gli intermediari temono che la conformità ai princìpi ESG sia oggi di difficile attuazione e che diventerà un ostacolo ulteriore alla conduzione del business. È un timore fondato? In tal caso, quali sono gli strumenti per superarlo?
Massimo Michaud, coordinatore del CESIA – I temi della sostenibilità sono di grande importanza nel contesto attuale e nell’ottica di riportare le imprese a svolgere il loro compito a favore della società civile. Anche gli intermediari, come i loro clienti, sono sensibili all’importanza dei temi ESG. Temono, tuttavia, che l’applicazione concreta sia di natura meramente formale e non sostanziale. Gli adempimenti volti a regolare nel massimo dettaglio la condotta del processo di vendita, aumentando l’impegno di tracciamento, non sono di per sé sufficienti e, in qualche caso, possono essere controproducenti rispetto allo sviluppo del dialogo sulla sostenibilità. Il contributo alla sostenibilità deve, invece, essere misurabile e misurato, e gli intermediari, che sono la cinghia di trasmissione delle iniziative dell’offerta verso la domanda, devono poter disporre di strumenti, servizi e soluzioni che rispondano alle esigenze effettivamente espresse dai clienti.
Quali aspetti qualificano la regolamentazione europea e nazionale in materia di princìpi ESG? Quale evoluzione ci si può attendere?
Sara Landini, professore ordinario di diritto dell’economia e docente di diritto delle assicurazioni all’Università̀ degli Studi di Firenze – La normativa in materia ESG è volta a favorire un’economia in linea con la sostenibilità ambientale, sociale ed economica, in grado di essere resiliente alle nuove sfide come i cambiamenti climatici. Sono soprattutto queste sfide che interesseranno i prossimi interventi normativi nella distribuzione in una logica di gestione del rischio di sostenibilità.
Quali sono i principali problemi interpretativi e applicativi che la normativa pone alle compagnie assicurative e agli intermediari professionali?
Sara Landini – La normativa è in evoluzione ma già quella in essere in ambito di distribuzione è in grado di valorizzare la comunicazione dei fattori ESG: in termini d’informazione dai clienti sul loro stato di rischio di sostenibilità e d’informazione ai clienti sulla sostenibilità dei prodotti. La regolazione europea è purtroppo caratterizzata da un eccesso di formalismo che rischia di non creare vera sostenibilità. Gli intermediari, acquisendo competenze e conoscenze nella valutazione dei rischi di sostenibilità, possono avere un ruolo fondamentale per una transizione sostanziale.
In termini di tassonomia e regolamentazione di principio, la transizione al paradigma ESG è stata delineata. Quali sono, allo stato attuale, i rischi per gli intermediari professionali?
Pierpaolo Marano, professore di diritto delle assicurazioni e diritto commerciale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano – I rischi per gli intermediari mi paiono essenzialmente due. Il primo attiene all’effettiva comprensione delle nuove regole che sono tutt’altro che univoche e lungi dall’essere compiutamente definite, almeno per i profili sociali e di governance che dovrebbero caratterizzare i prodotti cosiddetta ESG. Solo tale conoscenza, infatti, consente all’intermediario di comprendere appieno le caratteristiche dei prodotti anzidetti, come realizzati dalle imprese di assicurazioni con le quali collabora, così da distribuirli correttamente.
L’altro rischio, in parte legato al primo, riguarda la capacità d’intercettare correttamente le preferenze di sostenibilità dei clienti e, quindi, di offrire loro dei prodotti che le riflettano compiutamente. È un rischio che si amplifica nel caso di vendita con consulenza dovendo questa essere personalizzata, ossia riflettere le preferenze dello specifico cliente, consistendo nell’esposizione per iscritto dei motivi per i quali il prodotto offerto è più indicato a soddisfare le sue esigenze e i suoi bisogni.
Tra qualche giorno, l’IVASS emanerà un regolamento che modifica i contenuti di precedenti disposizioni proprio per tenere conto dei princìpi ESG. Che cosa cambierà per le compagnie e gli intermediari?
Marano – Le norme che l’IVASS adotterà saranno conformi a quelle europee in materia di finanza sostenibile e mirano ad agevolarne il recepimento nel nostro ordinamento. Le imprese di assicurazione dovranno pertanto integrare i rischi di sostenibilità nella loro politica di gestione dei rischi intendendo per rischio di sostenibilità un evento o una condizione di tipo ambientale, sociale o di governance che, se si verifica, potrebbe provocare un impatto negativo (effettivo o potenziale) sul valore dell’investimento o sul valore delle passività.
Inoltre, il processo di realizzazione dei prodotti assicurativi dovrà considerare, tra le aspettative dei clienti, anche i loro obiettivi di sostenibilità che, pertanto, saranno integrati nelle regole sull’individuazione del mercato di riferimento, sullo svolgimento dei test del prodotto, sulle informazioni presenti nei flussi informativi tra produttori e distributori e, quindi, sul processo di monitoraggio e revisione del prodotto.
Riguardo ai distributori, si richiede che tengano conto delle preferenze di sostenibilità del cliente anche riguardo alla disciplina dei conflitti d’interesse nell’intermediazione dei prodotti d’investimento assicurativo (Insurance Based Investment Products) integrando la normativa pre- e contrattuale con le previsioni del Regolamento europeo relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (SFDR), con inclusione nella disclosure dei rischi di sostenibilità.
La valutazione di adeguatezza viene inoltre coordinata con le eventuali preferenze di sostenibilità manifestate (a seguito di esplicita richiesta) dal potenziale contraente. In caso di consulenza, poi, l’intermediario deve spiegare e far comprendere i rischi di sostenibilità sottostanti i prodotti offerti e, ove nessun prodotto d’investimento assicurativo soddisfi le preferenze di sostenibilità manifestate dal contraente e quest’ultimo decida volontariamente di adattare tali preferenze per procedere comunque all’acquisto del prodotto, la dichiarazione di adeguatezza deve riportare tale adattamento specificandone le ragioni. Nel caso il cliente non abbia manifestato le proprie preferenze di sostenibilità, invece, l’intermediario illustrerà le ragioni per cui non può essere fornita la dichiarazione di adeguatezza e conserverà la relativa documentazione.
Qual è oggi, nel complesso, la conformità delle compagnie rispetto ai princìpi ESG? Quali sono le lacune da colmare?
Patrizia Contaldo, professore di Economia delle polizze vita e dei fondi pensione all’Università Bocconi di Milano e Direttore dell’Osservatorio sul mercato assicurativo BAFFI Carefin Bocconi di Milano – Le compagnie sono tradizionalmente chiamate ad avere un ruolo proattivo sulla sostenibilità per la loro capacità di offrire coperture per rischi catastrofali dovuti ai cambiamenti climatici. L’evoluzione, anche normativa, sul tema ha tracciato le linee per più precise strategie di posizionamento delle imprese. L’adeguamento è in divenire e riguarda cambiamenti su strategie di portafoglio, politiche interne e attività di valorizzazione del territorio.
Se molto è stato realizzato la strada è ancora lunga, si pensi, per esempio, all’affinamento delle coperture per nuove esigenze assicurative connesse al proliferare di attività, prodotti e servizi connessi, appunto, alla transizione verso la sostenibilità. Anche la rete è chiamata ad avere un ruolo proattivo essendo la cerniera tra clienti e compagnie. Quest’attività richiede, in primis, una trasformazione in ottica ESG attraverso formazione e affinamento dei processi, quindi capacità consulenziali per guidare i clienti. Tecnologia e collaborazione sono la chiave prospettica per traghettare il Paese verso la sostenibilità.
Quali sono oggi i principali ostacoli all’applicazione dei princìpi ESG? Che cosa devono temere di più gli intermediari?
Sandro Amorosino, presidente del Comitato Scientifico del CESIA – Non è facile per le autorità di supervisione (nel nostro caso quelle del settore assicurativo) concretizzare in regole per gli operatori il paradigma ESG. Si tratta, infatti, di un principio normativo, fondato sul principio di solidarietà ambientale (Guido Alpa, Solidarietà, Bologna 2022), che deve tradursi in modelli organizzativi delle imprese e in obblighi di comportamento per gli operatori.
Il rischio è che l’obiettivo venga perseguito non promuovendo e premiando comportamenti virtuosi con il metodo delle spinte gentili (Cass R. Sunstein, Nudges) ma, molto più tradizionalmente e agevolmente, moltiplicando procedure e adempimenti in capo agli operatori, con il risultato di spingerli verso un’osservanza formalistica, cartolare o telematica, e non incoraggiandone l’evoluzione con conseguente internalizzazione della sostenibilità nei prodotti. Il metodo della tassonomia, purtroppo, moltiplicando le definizioni e sotto definizioni, sembra pretendere d’incapsulare la realtà, la quale, come noto, è incomprimibile”.