COME CAMBIARE L’ATTIVITÀ DI VENDITA: INTERMEDIARI A CONFRONTO NEL WEBINAR DI CGPA EUROPE
Maria Rosa Alaggio, direttore responsabile di Insurance Connect e Insurance Trade, ha stimolato i rappresentanti degli intermediari su diversi temi: la risposta alla pandemia e la digitalizzazione; il ruolo attuale e prospettico nel mercato; gli interventi da compiere per dare impulso alla crescita del mercato. Ecco, in sintesi, che cosa è emerso.
Jean Francois Mossino, presidente Commissione Agenti presso BIPAR. “La pandemia ha accentuato il valore della distribuzione professionale. Qualcuno si aspettava un boom dell’offerta attraverso il web o altri canali e invece abbiamo registrato una tenuta delle reti agenziali. Le compagnie hanno certamente fatto molto per supportarle, per esempio fornendo tecnologie digitali per curare la clientela, strumenti che hanno assunto un valore strategico; e hanno attivato anche percorsi formativi o di supporto online per le Agenzie. Gli agenti, d’altra parte, sono stati determinanti per garantire continuità di servizio alla clientela, in prima linea o a distanza; spiegando e, soprattutto, realizzando le facilitazioni per gli assicurati messe in campo dalle compagnie (per esempio, le agevolazioni sui premi per il mantenimento dei contratti, i rinnovi o le nuove assunzioni). Il tutto ha favorito la fidelizzazione. Le compagnie, insomma, hanno avuto un’ulteriore dimostrazione dell’importanza delle reti, verso le quali hanno riservato investimenti, sotto forma di contributi, strumenti e in alcuni casi di offerte commerciali; solo in occasioni estremamente limitate (in termini di numero e di entità) con stanziamenti economici diretti”.
“Nella fase più acuta della crisi, gli agenti hanno dimostrato la capacità di saper utilizzare nuovi strumenti, per comunicare, per gestire i rapporti in corso e per fare proposte commerciali: il tasso di crescita nell’uso del digitale è stata una prova della loro capacità di reagire. Molti continuano oggi a utilizzare le modalità di gestione del lockdown anche perché, sempre più spesso, questo viene ormai chiesto dagli stessi clienti”.
“Nel prossimo futuro, il compito degli intermediari sarà quello di organizzarsi per re-intermediare, ossia reagire alla domanda del mercato e al mutato approccio della clientela agli acquisti, anche assicurativi. Non dovremo abdicare al nostro ruolo insostituibile di consulenti professionali, qualificati ad analizzare a fondo le esigenze dei clienti (siano essi individui, famiglie, PMI o aziende), valutare soluzioni di prevenzione dei rischi e di autoassicurazione, per poi calibrare soluzioni assicurative su misura. Gli agenti dovranno valutare però di agire anche in maniera alternativa o integrativa al loro abituale modus operandi. Far proporre dalle agenzie anche offerte entry level, prodotti e servizi (assicurativi e non), mirati per segmenti di clientela, selezionati con attenzione in base alle loro specifiche aspettative, utilizzando anche i moderni canali di comunicazione e di relazione (digitale, social, ecc). Altrimenti è un mercato che verrà gradualmente portato via alle agenzie ma anche alle Ccompagnie tradizionali”.
“Si pensi infatti alla minaccia di attacco da parte di nuovi distributori, orientali o statunitensi, che intendono entrare sul mercato europeo mirando esclusivamente a determinati segmenti di clientela, selezionati per elevata redditività, mettendo in crisi la distribuzione tradizionale, che deve invece fare i conti con le esigenze di mutualità dei rischi e tra clienti. Un nuovo player può permettersi di rinunciare a fare mutualità, potendo scegliere di acquisire, con gradualità crescente, solo i rischi e i clienti che gli interessano”.
“Si pensi anche a chi prende sempre più quote di mercato nei rami elementari, o nell’entry level del welfare e della salute. Banche, Poste, Internet, fornitori di beni e di servizi”.
“Non possiamo e non dobbiamo lasciare queste parti di fatturato ad altri. È importante, anche da un punto di vista sociale ed economico, che sia l’intermediazione professionale e qualificata a presidiare pure questa parte della distribuzione: la sappiamo curare meglio, diffondendo cultura, perfezionando in un secondo momento tali rapporti con livelli superiori di copertura, differenziandoci dai canali non professionali per le responsabilità e le competenze che ci contraddistinguono, rispetto agli altri competitori”.
Claudio Demozzi, presidente SNA. “Qualunque riflessione sul futuro dell’attività degli intermediari dovrebbe partire dai dati presentati qualche giorno fa dall’ANIA: nel 2019, il canale agenti ha raccolto il 23,9% dei premi, i broker l’8,5%, banche e poste sono arrivate al 48%. C’è da chiedersi se questo modello distributivo così sbilanciato possa considerarsi adeguato in uno scenario di crescente digitalizzazione e comparatori di prodotto che richiederebbe più che mai un ruolo primario di orientamento svolto dall’intermediazione professionale. Gli intermediari dovranno aprire un confronto con l’industria assicurativa per trovare nuove strade che diano impulso alla crescita”.
“In Italia, nel 2019, per dare un dato esemplificativo, nei rami danni sono stati raccolti premi per 31 miliardi contro i 34 di dieci anni fa. Gli agenti possono contribuire a far ripartire il mercato, ma questo richiederebbe anche un modo diverso di esercitare la professione. Due terzi delle agenzie, oggi, sono ditte individuali: bisogna creare un nuovo modello agenziale che unisca le forze degli agenti. SNA sta lavorando per questo: vogliamo rispondere ai progetti aggregativi imposti dalle compagnie con progetti volontari in forma leggera, realizzabili mettendo in comune risorse. Sarebbe anche un modo per contenere i costi crescenti della regolamentazione”.
Vincenzo Cirasola, presidente ANAPA. “Quello attuale potrebbe essere un buon momento per le attività di sviluppo degli agenti. Le novità legislative originate dall’emergenza hanno oggettivamente creato le premesse per incrementare l’offerta, tanto più in un Paese come il nostro ancora ampiamente sotto assicurato”.
“Ci sarebbe anche un modello di riferimento: la partnership francese tra Stato e privati, anche se l’Italia avrebbe problemi a sostenerne i costi. Ci sono poi nuovi rischi da coprire, penso per esempio al cyber risk, e non mancano i prodotti delle compagnie”. Il problema, però, è che il mercato fatica ad assorbire l’offerta. In Italia si ricorre all’assicurazione solo quando si è in fase di “paura”, a rischio già avvenuto, non per prevenire il rischio della vita quotidiana. La curva distributiva delle polizze sulla pandemia è, in questo senso, emblematica. Hanno funzionato nel periodo del lockdown, quindi nel momento più alto dell’emotività, ma da giugno in poi, quando pure il rischio non poteva considerarsi superato, è stato difficile collocarle perfino nelle imprese potenzialmente più esposte”.
Laura Puppato, responsabile rapporti istituzionali di AGIT, gruppo agenti Groupama. “Prima di discutere di soluzioni per far crescere l’attività degli intermediari, bisognerebbe partire dalla constatazione che il mercato conosce ancora poco o per nulla l’offerta assicurativa. La maggioranza degli individui e delle imprese ignora oggi le coperture possibili e a loro necessarie per i diversi rischi che vivono nella loro esperienza. Gli intermediari si sono assunti l’onere di fare cultura assicurativa ma devono misurarsi con lacune profonde e con una prevalente tendenza a valutare il rischio solo dopo che il danno si è verificato. Ciò non toglie che la crescita del mercato richieda anche un generale miglioramento dei prodotti proposti dalle compagnie, in particolare serve un preciso impegno di Ivass alle compagnie nel chiedere garanzie di mutualità nell’assunzione dei rischi (tutti vogliono i clienti migliori e senza sinistri ma…) e di garanzia di tutela del cittadino-consumatore (il mercato soffre la concentrazione in poche grandi compagnie che si condizionano a vicenda)”.
Luca Franzi De Luca, presidente AIBA. “La partnership pubblico-privato per dare impulso al mercato assicurativo è una strada da esplorare. Credo sia difficile da praticare se la s’intende come un sistema per la copertura obbligatoria dei rischi connessi a terremoti e calamità naturali, tenuto conto dell’impopolarità politica che si correla ad un’obbligatorietà delle coperture assicurative che onerano i cittadini e avvantaggiano un mercato privato. Se, invece, l’alleanza pubblico-privato si realizzasse nella forma di vantaggi fiscali per gli assicurati, allora potrebbe avere una sua efficacia. Il carico fiscale, oggi, disincentiva le sottoscrizioni molto più delle commissioni dell’intermediario”.
“Non credo che i broker e gli intermediari in genere possano esercitare un ruolo attivo nel promuovere un sistema pubblico-privato. In ogni caso, prima di pensare a un sistema di questa natura come leva della crescita, bisognerebbe lavorare a un’alleanza tra gli operatori del mondo assicurativo che metta al centro gli interessi dei clienti. Credo che l’esigenza primaria sia oggi semplificare i prodotti: la complicazione ostacola l’accesso all’assicurazione e genera diffidenza. Gli attori del mercato dovrebbero lavorare insieme per arrivare a una mutualità da cui tutti possano trarre benefici”.
Luigi Viganotti, presidente ACB. “La creazione di una cultura assicurativa è considerata la premessa per la crescita del mercato ma mi domando se esista davvero questa volontà di fare cultura assicurativa o se non si vuole che tutto resti così com’è per continuare a distribuire i soliti prodotti. Mi chiedo, anche, se non dovremmo essere noi intermediari a fare cultura”.
“La strada da percorrere è la collaborazione tra intermediari superando la distinzione tra broker e agenti che, a mio parere, oggi non ha più senso: è questo che può incentivare le compagnie a studiare nuovi prodotti e, quindi, a far crescere il mercato”.
“Considero l’intermediario come un professionista che propone alla compagnia un prodotto, non come un distributore. Fare cultura significa, anche, far conoscere la percezione del rischio e quel che si propone per assicurarlo. Gli intermediari professionali detengono meno della metà del mercato assicurativo, ma controllano la domanda delle imprese: è questo il posizionamento competitivo da valorizzare”.