CHE COSA CAMBIERÀ PER GLI INTERMEDIARI CON LA NUOVA NORMATIVA

Come cambierà il profilo di rischio degli intermediari con le ultime novità normative? Quali sono i comportamenti richiesti e suggeriti? A queste domande ha risposto la tavola rotonda che ha accompagnato la presentazione dell’Annual Report 2020 del CESIA. Ecco che cosa hanno detto i quattro partecipanti, moderati da Massimo Michaud, coordinatore del CESIA.

 

Elena Bellizzi, titolare del servizio di vigilanza sulla condotta di mercato dell’IVASS

Non si può dire che la Product Oversight & Governance (POG), uno dei cardini della direttiva sulla distribuzione dei prodotti assicurativi (IDD), abbia rivoluzionato il sistema italiano. Compagnie e intermediari avevano già processi per presidiare il lancio e il collocamento dei prodotti, l’Unione Europea ha ora chiesto che questi processi siano più strutturati e documentati.

La vigilanza dell’IVASS sulla POG dei distributori è in linea con le indicazioni dell’EIOPA (European Insurance and Occupational Pensions Authority, l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali), pubblicate nel sito internet dell’EIOPA (www.eiopa.europa.eu) ed è l’esito anche di un confronto tra le authority dei diversi Paesi che punta a mettere a fattor comune le diverse esperienze e a far convergere le pratiche di vigilanza.

L’IVASS è orientata a una vigilanza sulla POG risk based e proporzionale che tenga conto delle caratteristiche e della dimensione dell’intermediario. Distinguiamo tra chi ha scelto di fare l’intermediario come professione e chi lo fa in forma ancillare; consideriamo le differenze tra monomandatari, plurimandatari e broker; guardiamo con attenzione a banche e Poste per la loro spinta di penetrazione. Teniamo anche conto delle dimensioni dell’intermediario: dai grandi, va da sé, ci aspettiamo presìdi più strutturati mentre da intermediari persone fisiche o da società di piccole e medie dimensioni non pretendiamo lo stesso. Tariamo, infine, la vigilanza sulla tipologia dei prodotti collocati e sulle modalità di distribuzione, con un occhio particolare per la distribuzione digitale.

La buona notizia è che l’applicazione della POG sta generando una risposta positiva del sistema. Prima della pandemia abbiamo voluto verificare sul campo che cosa stesse accadendo nelle compagnie; abbiamo visitato diversi gruppi assicurativi con reti diverse (bancassurance, agenti monomandatari, reti miste) anche per capire se le compagnie ascoltano, nel disegnare i prodotti, la preziosa voce degli intermediari, che hanno il contatto diretto con i clienti. È emerso un quadro interessante con una best practice di una compagnia con una rete di agenti monomandatari che ha coinvolto i suoi agenti nella determinazione delle caratteristiche del prodotto, accogliendo suggerimenti su come rivedere garanzie ed esclusioni, su come semplificare il linguaggio. Crediamo che questa sia un’evidenza importante perché riflette l’intento all’origine della POG: migliorare la qualità dell’offerta assicurativa a beneficio degli assicurati.

 

Nidia Bignotti, avvocato, fondatrice di BdA Bignotti e d’Acquarone Avvocati Associati

L’introduzione dell’obbligo di rilasciare la dichiarazione di coerenza e l’abrogazione della disposizione che lasciava al cliente la facoltà di non fornire le informazioni hanno aumentato l’esposizione al rischio di responsabilità civile dell’intermediario professionale.

L’applicazione della nuova normativa pone problemi non tanto sull’atto formale della dichiarazione di coerenza ma sulle fasi che la precedono (raccolta e valutazione delle informazioni) perché, volutamente, si è lasciata discrezionalità al distributore. Il grado di rischio dell’intermediario, quindi, è strettamente legato al percorso che porta alla dichiarazione.

Qui si aprono diverse possibilità. Un agente che fosse destinatario di disposizioni tassative della mandante sulle informazioni da raccogliere e sull’utilizzo di strumenti algoritmici per la valutazione di coerenza, che non lasciano margine di autonomia all’intermediario, potrebbe ritenersi esonerato da responsabilità. La responsabilità, in questo caso, sarebbe lasciata in carico alla compagnia che dovrebbe manlevare l’intermediario in caso di pretese risarcitorie del cliente. Una situazione di questo tipo avrebbe tuttavia il difetto di penalizzare molto la professionalità, in questo senso non è auspicabile. Le situazioni possibili al di fuori di questa sono numerose e pongono interrogativi che andranno valutati anche alla luce delle pronunce giurisprudenziali.

 

Sara Landini, professore ordinario di diritto dell’economia all’Università di Firenze e membro del Comitato Scientifico del CESIA

Nella determinazione della responsabilità dell’intermediario la comunicazione ha assunto una funzione centrale. Il flusso informativo è diventato un aspetto chiave della distribuzione e delle relazioni con la compagnia e i clienti. Ci troviamo in una situazione nuova per il mercato assicurativo italiano dove, a lungo, il flusso era essenzialmente finalizzato a superare l’asimmetria informativa tra assicuratore e cliente.

Con la IDD del 2016, finalizzata a migliorare la qualità dell’attività distributiva, il flusso informativo deve soprattutto contribuire a rendere l’offerta più rispondente ai bisogni dei clienti. La crescita delle responsabilità che ne deriva per il mercato assicurativo è assimilabile a quanto è accaduto nel mondo medico: agli intermediari converrà guardare a quell’esperienza per cogliere l’evoluzione in atto nel proprio settore.

Oggi la relazione tra cliente e intermediario prevede molti obblighi informativi che, se disattesi, configurano responsabilità in capo alle compagnie e agli intermediari.  Il problema è indirizzare questi flussi verso una scelta informata di un prodotto conforme alle richieste e ai bisogni assicurativi del cliente e verso una corretta product governance dal lato dell’impresa.  Quanto maggiore è la discrezionalità lasciata all’intermediario nel raccogliere le informazioni dal cliente tanto maggiore sarà il rischio e viceversa. Per esempio se è la compagnia a decidere che cosa chiedere al cliente attraverso il questionario demands & needs e a supportare questa richiesta con gli algoritmi di profilazione, certamente il rischio dell’intermediario si riduce ma l’impresa viene meno allo spirito della IDD che è stata costruita per arrivare a un miglioramento dell’attività distributiva attraverso la collaborazione tra compagnia e intermediario. L’impresa deve quindi guidare la ricerca di un punto di equilibrio e ripensare i flussi informativi con l’obiettivo di portare un vantaggio per tutti gli attori.

 

Pierpaolo Marano, professore di diritto delle assicurazioni e di diritto commerciale all’Università Cattolica di Milano, membro del Comitato Scientifico del CESIA

La recente evoluzione della normativa che ha recepito la IDD nel nostro ordinamento ha determinato un risultato paradossale: chi è chiamato a fare la consulenza, cioè l’intermediario, si chiede quale delle attività svolte sia oggi definibile effettivamente come consulenza e, in quanto tale, soggetta a specifici adempimenti ed esposta a profili di responsabilità diversi da quelli associati al mero collocamento del prodotto.

La precisazione che la consulenza è solo quella definita nel codice delle assicurazioni pone il problema di qualificare le attività degli intermediari assicurativi che terminano con raccomandazioni inerenti alle polizze dei clienti ma non finalizzate alla conclusione di contratti. Inoltre, la scelta del legislatore italiano di applicare ai prodotti assicurativi le regole dettate per i prodotti finanziari dalla MiFID II (Markets in Financial Instruments Directive) trascende il parallelismo che, sul punto, contraddistingue la disciplina europea. Pertanto, IVASS e CONSOB hanno dovuto comporre un mosaico normativo che, quasi inevitabilmente, presenta alcune incongruenze e finanche un paradosso (l’ennesimo). Il divieto di assumere la contemporanea qualifica d’intermediario e beneficiario/vincolatario della prestazione assicurativa derivante dal contratto intermediato, che era stato introdotto per tutti i prodotti assicurativi a seguito di condotte che hanno riguardato essenzialmente la distribuzione delle banche, adesso non si applica ai prodotti d’investimento se distribuiti da queste ultime.